venerdì 12 marzo 2010

Il pensiero di un nostro socio

Giovanni Martini
Quando frequentavo nel 1952 la scuola giardinieri, la vita non era così frenetica, veniva dato spazio a molte cose che ora pare, (ho detto pare) non interessino più; allora veniva anche dato uno spazio, ad esempio che ora definiremmo promozionale, alle piante non molto conosciute e particolarmente adatte alla formazione di aiuole.
Il dott. Piero Bertolotti, allora direttore del Servizio Giardini e Alberate il quale impersonava il rinomato verde della città di Torino, veniva richiesto e inviato dal Sindaco a fare consulenze e conferenze, in molte città italiane ed estere.
Durante questi viaggi, laddove notava qualche fiore o pianta particolare, adatta alla formazione di aiuole, a decorazioni, o alla formazione di viali o in qualche modo di pregio, ne comprava i semi, o se ne faceva inviare qualche esemplare, che venivano coltivati, se per aiuola a Grugliasco, se per alberate al vivaio della Continassa, mentre quelle di interesse botanico venivano avviate al piccolo vivaio dell'Arboretum Taurinense .
Prendendo in esame le piantine da fioritura, venivano come detto coltivate a Grugliasco, quando sufficientemente sviluppate, espiantate e sistemate nelle aiuole dei giardini di piazza Carlo Felice (Porta Nuova) o giardino Lamarmora (via Cernaia) che erano i più importanti della Città.
Anche se la loro durata fosse stata di una sola settimana, con quella breve presentazione, ottenuta sicuramente con costi leggermente più alti , ritengo che il nostro direttore, sia riuscito a inviare ai cittadini di Torino un altissimo messaggio circa le possibilità cromatiche della natura.
Quando ora, vediamo le nostre città, fiorite con le medesime qualità di fiori, quasi sempre con i medesimi colori, penso che forse stiamo inviando ai nostri concittadini, un messaggio errato; perchè forse li induciamo a pensare non si possa fare altrimenti, e che in natura esistano per aiuola solo quei colori, solo quelle piante.
La natura offre gamme floreali molto più vaste, le quali vengono decimate dalla grande produzione, che riesce ad abbassare i costi unicamente laddove la produzione risulta essere numericamente alta.
Questo rende economicamente più appetibili, sia al pubblico che al privato, le essenze più proposte, che per tale motivo verranno ancora più richieste, unicamente perchè più viste.
Il più delle volte la grande catena, propone tali essenze unicamente perchè più semplici da coltivare, penalizzando così i piccoli produttori che o uniformano le coltivazioni oppure continuando a proporre in controtendenza rischiano di avere una notevole parte di prodotto invenduto.
In floricultura, sta capitando ciò che già avviene in orticultura, ove poco vengono proposti i gustosissimi pomodori dalla pelle sottile, ma si ripiega su quelli a buccia più spessa, ( che il più delle volte deve essere rimossa) solo perchè più resistenti nella fase di trasporto; non parliamo poi delle fragole che spesso troviamo sui mercati, quali pezzi di legno aventi sapore di fragola e colori che poco hanno a vedere con le fragole autentiche.
Alcuni giorni fa, parlando con alcuni miei ex colleghi, mi sono posto e ho rivolto loro la domanda: è giusto inviare un messaggio, che può essere fuorviante, per il puro senso di risparmio economico.
Quanto è giusto, seguire la pianificazione della catena, quando questa per ottenere la massima convenienza, sa solo più offrire in ogni luogo, le stesse cose?
Non è forse che riducendo le essenze e le varietà e di conseguenza le esigenze di coltivazione, inevitabilmente si possa ridurre anche la necessità di quell'ormai personaggio introvabile e fantasioso che è il giardiniere?
Quale Servizio o comune potrà ancora distinguersi in questo campo, se non verranno riproposte le scuole per la formazione di questi personaggi?
Ormai all'appellativo di giardiniere si fa solo più riferimento ad una persona che avendo qualche reminescenza agricola, dopo essersi acquistato un decespugliatore, bene o male taglia l'erba, fa qualche lavoretto, oppure con un tosasiepe, dice di potare un cespuglio, riducendolo inesorabilmente ad una palla ovoidale, non sempre ben dimensionata nelle varie angolazioni, ancora dice di tagliare una siepe, ripetendo il profilo delle onde del mare in altezza, mentre lateralmente ripropone il percorso dei fiumi, o delle strade di collina.
ma per necessità di guadagnare un qualche cosa si definisce G...............
Notiamo nei giardini pubblici e privati, (nei pubblici forse qualche volta motivabili) essenze pregiate, menomate dei loro esteticissimi rami basali unicamente perchè davano fastidio a tagliare l'erba o perchè si dice, il loro tronco sarebbe risultato nodoso... Ma il nostro compito non è produrre legname, ma quello di creare armonia, estetica e bellezza!!
L'abitudine di vedere ormai anche nel verde pubblico quei cespugli rotondeggianti quelle siepi altimetricamente e lateralmente sinuose o serpeggianti, rende purtroppo anche il privato indifferente a tale scempio, lo rende anzi particolarmente favorevole verso quelle forme che vengono definite più ordinate, quasi fossimo in presenza di una nuova arte.
Un cespuglio rimane tale se lo si ammira nella sua forma naturale; ben altra cosa se lo si vuole costringere, allora non sarà più lui, ma la forma data, a deliziare il nostro sguardo; in tal caso dovrebbe essere quella perfetta dell'arte topiaria.
Quel cespuglio, foggiato a uovo, proprio come un uovo potrebbe rinascere e pur presentando i segni delle sue vicissitudini esplodere rigoglioso, ricompensandoci con abbondanti fioriture o fogliame; per compiere questo miracolo avrebbe però bisogno dell'intervento di un buon operatore giardiniere.
Quanto sarebbe opportuno, in questo particolare momento, che la Nostra Città che ancora dispone di personale e attrezzature idonee, interrompesse questa avvilente situazione che ci sta sprofondando, nella più triste indifferenza!
Si può allora scorgere l'enorme responsabilità e interesse della Pubblica Amministrazione, a non permettere il decadimento di un'arte cosi importante.
Gli Amministratori attuali hanno ricevuto dal passato un testimone carico di professionalità e maestranze ben preparate, che hanno permesso loro di incrementare enormemente la superficie a verde della Città.
Hanno ricevuto una scuola che avviava molti giovani a una professione meravigliosa indirizzata appunto alla manutenzione del verde!
Ora che la scuola non esiste più, chi preparerà i tecnici per manutenere il verde che Loro hanno potuto e fatto realizzare?
Le scuole tecniche statali mancano purtroppo di campi sperimentali!
Cosa succederà fra pochi anni quando anche i frequentatori degli ultimi corsi della nostra scuola, ora quasi tutti espletanti funzioni di controllo, avranno raggiunto l'età pensionabile?
Mi si potrà rispondere il verde sarà curato dalle imprese!
Ma chi sovrintenderà ad esse ?
Per tale mansione è indispensabile, conoscere i segreti di quest'arte, esserne attratti, ma soprattutto saperne svolgere alla perfezione, anche materialmente, tutti i lavori inerenti, onde non commettere errori tecnici di valutazione e perdere così in credibilità e autorevolezza.
Come faranno le Imprese a fornire questi servizi quando il mercato del lavoro non dispone più di elementi idonei?
Sicuramente e inesorabilmente, dovranno impiegare sempre in maggior numero quegli operatori di cui si è accennato in precedenza.
Giovanni Martini

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Approvo! Molto interessante. Un argomento che si potrebbe estendere a molti altri ambiti.

Renato Ronco ha detto...

Caro Giovanni,
Il tuo è un pensiero di peso.
Pieno di ricordi, carico di passione.
Si capisce quanto la nostra scuola è stata importante, quanto rammarico per il fatto che non ci sia più.
Mi pare di cogliere qualcosa come una speranza, che in qualche modo possa risorgere la nostra scuola. Impossibile pensarla oggi come lo è stata per noi, perché i tempi, la società, sono cambiati troppo, e non in meglio, ma si può pensare almeno una scuola formativa per una classe di “giardinieri” sempre più difficile da trovare.
Non è un sogno impossibile. Erano state circostanze speciali a creare la Scuola G. Ratti, a farla vivere: un mecenate, un sindaco, un direttore dei giardini speciali. Basterebbe una di queste tre figure per provarci, per riuscire a farla risorgere.

Unknown ha detto...

Caro Martini,
condivido appieno le tue parole ricche di significato,professionale,di passione e anche di nostalgia.Anch'io ho frequentato la scuola G.Ratti nei ultimi anni della sua sede a Grugliasco, prima del suo trasferimento a Chieri,
e molti ricordi mi affiorano:i laghetti,la sophora japonica,gli abass da coprire di sera con le foglie per il gelo,i vari saloni e le meravigliose serre e si ricordi di un tempo passato.
Per fortuna anche se cambiano molte cose con il tempo,quello che rimane costante èla meraviglia della Natura,capace sempre di adeguarsi ai tempi e alle nuove esigenze dell'Uomo(nei limiti del possibile ovviamente) e credo che la sfida del Giardiniere sara'quella di seguire la Natura,ma con un occhio anche alle esigenze moderne.
Facendo tesoro delle tecniche antiche ma con l'attenzione al presente che invio un caloroso saluto a te e a tutti i giardinieri appassionati.
Enzo Campana